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Categoria: Esteri
di Carlo Benedetti

L'Ucraina di Yuscenko (con i suoi quattrocentomila soldati) non molla e continua la marcia d'avvicinamento alla Nato nonostante l'esistenza di un accordo di cooperazione strategica e militare con la Federazione russa.
L'atto più recente, che anticipa lo "strappo" da Mosca, è di poche settimane fa con il presidente ucraino che ha dato il via ad una commissione che avrà il compito di preparare l'ingresso nell'organizzazione militare dell'Ovest. Si riconferma così il corso strategico della politica di Kiev volta all'integrazione nelle strutture europee con una conseguente e più stretta cooperazione transatlantica. Un corso che coinvolge quasi tutti i paesi del continente, in particolare le nuove realtà del centro ed est Europa. Yuscenko, pertanto, tratta direttamente con gli americani ribadendo l'importanza che avrà la partecipazione del paese nell'emergente sistema di sicurezza paneuropeo dove organizzazioni come l'Osce, la Nato e l'Ueo sono componenti di base. Chiara, di conseguenza, la strategia sociale e politica. La manovra dell'Ucraina, comunque, non è nuova perché già nel maggio 2002 l'allora presidente Kuchma aveva avanzato una formale richiesta d'adesione alla Nato anche sulla base di varie forme di collaborazione in atto sin dal 1997. Ma ora il senso della "svolta" assume un significato ben preciso. Yuscenko (uscito non certo a testa alta dalle recenti elezioni) vuole dimostrare agli americani - e alla Nato - d'essere intenzionato a portare avanti, con decisione, una politica di vero distacco da quelle posizioni "sovietiche" di un tempo. E, precisamente, vuole ricordare a Mosca che l'Ucraina è ormai Europa e che non ha niente a che fare con il Cremlino e con quelle politiche dell'Est che, nel bene o nel male, si ricollegano appunto, alla vecchia Unione Sovietica. Di qui la sua insistenza per mettersi direttamente sotto l'ombrello protettivo della Nato come già avvenuto con Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria nel 1999.

Una posizione che Mosca, ovviamente, non accetta. Tanto che la Duma (il Parlamento russo) ha voluto subito mettere in guardia la Rada (il parlamento ucraino) avvertendo che se Kiev aderirà alla Nato ci saranno "conseguenze molto negative" nei rapporti con la Russia. Proprio perché un eventuale asse tra l'Ucraina e l'Organizzazione atlantica sarebbe considerato come una vera e propria "aggressione" alla Russia dopo che la vecchia Unione Sovietica (della quale, appunto, la Russia è l'erede più diretta) aveva deciso, nel 1991, lo scioglimento di quel blocco militare noto come Patto di Varsavia. Ora, con l'Ucraina che aspira alla Nato, la storia - sostengono i russi - fa un pericoloso passo indietro.

E sempre a Mosca c'è chi pone l'accento sul fatto che la Nato, così come si prefigura oggi, ha come fine quello di creare un coordinamento e una mutua assistenza, tra gli stati firmatari, in materia di difesa. Di conseguenza ci si chiede: difesa da chi? Da Mosca? Nessuno a Kiev azzarda pubblicamente tesi del genere. Ma c'è quell'articolo 3 del Patto atlantico che stabilisce un' "alleanza collettiva militare contro l'aggressione". Nel caso, infatti, di attacco militare contro il territorio degli stati contraenti, o contro loro navi ed aerei nell'area nord-atlantica, tale attacco sarebbe considerato come se fatto contro tutte le altre parti contraenti, facendo così scattare l'alleanza collettiva militare contro l'aggressore. E così se Mosca è l'obiettivo di tali accuse è chiaro che il Cremlino riveli tutta la sua preoccupazione.
Non tanto perché c'è qualcuno che pensi di attaccare l'Ucraina, quanto perché si crea un'atmosfera da nuova guerra fredda. La situazione non è tranquilla. Pur se nel novembre del 1994 il vertice Nato aprì l'Alleanza ai paesi dell'Europa centrale e orientale con la formula-copertura di Partnership per la pace. Una sorta di "organizzazione" ideata dagli Stati Uniti per ovviare alle preoccupazioni manifestate da Mosca in ordine ad un ingresso immediato nella Nato da parte dei paesi richiedenti.

Non sono note le misure che potrebbero essere adottate per una ritorsione anti-Ucraina. C'è però l'ipotesi di un processo d'espulsione del Paese dalla Csi (la Confederazione di Stati Indipendenti che ha preso il posto dell'Unione Sovietica) con tutte le conseguenze economiche che ne deriverebbero.
Ma sul piano storico-politico al Cremlino, intanto, si ricorda che negli anni della seconda guerra mondiale l'attacco nazista all'Urss (in codice l'operazione fu chiamata "Barbarossa") fu cruciale dal punto di vista ideologico e coerente con gli obiettivi più volte dichiarati di aprire verso est lo "spazio vitale" ai coloni tedeschi. Ora i programmi sono diversi: la Russia di Putin teme realmente che dietro alle mosse di Yuscenko ci siano anche motivi relativi alla difesa dell'integrità nazionale. Il riferimento è a quella Crimea - penisola russa per storia e tradizione - che Krusciov credette di poter regalare agli ucraini poiché il Paese - l'Urss - era unico e che le frontiere erano solo un fatto formale. Ma con il crollo sovietico la Crimea non è tornata nella giurisdizione di Mosca ed è stata fatta restare sotto Kiev. Di conseguenza tutte le "città-militari" e le basi russe (un tempo "sovietiche") presenti nella penisola sono ora nelle mani dell'Ucraina con crisi notevoli che hanno riguardato e riguardano anche lo status della flotta del Mare Nero, i cantieri e le basi d'appoggio: con scontri diretti sulla sovranità nazionale.

Le preoccupazioni russe sono alimentate anche dai vertici militari. I quali ribadiscono che l'eventuale estensione della Nato all'Ucraina provocherà un notevole rafforzamento delle forze di terra russe alle frontiere dal momento che l'adesione di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca ha già dato all'Alleanza 14 nuove divisioni, portandone il totale a 62. E per quanto riguarda le forze aeree, l'adesione delle tre repubbliche ha aumentato le capacità della Nato del 17 per cento offrendo 285 nuove basi, alcune proprio al confine con l'enclave russa di Kalinigrad e con la Bielorussia. Ora se l'Ucraina appoggerà il piano "Barbarossa" della Nato la situazione - secondo i vertici militari di Mosca - peggiorerà notevolmente. E così Yuscenko utilizza la carta della Nato anche per garantirsi la sovranità sulla Crimea. Tema, questo, che gli strateghi del Cremlino considerano sempre aperto. Tra l'altro a Mosca apposite commissioni di storici, esperti militari ed analisti diplomatici stanno già approntando dossier sulla questione della Crimea da sottoporre, al momento opportuno, all'Onu.

E mentre i problemi sono esaminati nelle cancellerie dei due paesi, la Crimea diviene un'area calda e carica di rischi. Tutto per una serie d'esercitazioni militari - americano-ucraine - che vedono la presenza di 250 marines statunitensi alloggiati nelle strutture logistiche del ministero della Difesa ucraino, nella città di Feodossia. C'è, in merito, una precisa denuncia che viene dal quartier generale delle Forze armate russe che - attraverso un articolo del suo quotidiano Krasnaja Zvezda (Stella Rossa) - rivela come sotto la copertura delle attuali esercitazioni in Crimea, il Pentagono stia creando una base militare nei pressi della città di Staryj Krym. E questo in aperta violazione della stessa Costituzione dell'Ucraina, che proibisce la presenza di truppe straniere nel territorio del Paese senza una relativa autorizzazione del Parlamento nazionale.

Ed è sempre in tale contesto che tra Mosca e Kiev aumentano le polemiche e gli scontri a tutti i livelli. I russi, dal canto loro, sostengono che se andrà in porto un processo di revisione storica e diplomatica vorrà dire che si aprirà un ciclo istituzionale difficilmente interpretabile. Carico d'assurdità e paradossi. E si scoprirà che l'Ucraina è uno dei nodi del secolo poiché nei suoi stessi territori si scontrano opposte rivendicazioni di legittimità.
Non dimentichiamo l'esistenza di un'Ucraina occidentale che guarda alla Polonia e all'Ovest e una Ucraina meridionale e centrale che orienta il suo "credo" politico verso il mondo slavo. Ed ecco, infine, che mentre Kiev attende l'ombrello protettivo della Nato, gli americani hanno già piantato le tende in Crimea.